Appare incredibile ai nostri occhi lo spettacolo che prende forma quando, parcheggiata l’auto, scendiamo i gradini in pietra ben allineati posti sul versante sud della valle, con felci e rovi che si alternano a lecci e corbezzoli e da dove si distinguono tra il verde muschiato il ribes di colore rosso, bianco e nero violaceo.
Alla vista di questo mulino della seconda metà del ‘700, interamente restaurato conservando la sua originalità con la maestria che solo pochi artigiani lucchesi sanno dimostrare, ci sentiamo quasi di tornare indietro nel tempo.
Esterno in pietra a vista trattata con porzioni di intonaco, pavimenti originali in cotto, infissi restaurati mantenendo l’originale chiusura storica, dimora costruita come le tessere di un mosaico destinato a conservare e tramandare nel tempo il suo valore immobiliare. Sono ancora presenti e ottimamente tenuti il bottaccio, le vasche e tutti i macchinari dell’epoca, con la ruota che è stata ricostruita secondo fedeltà storica.
All’insegna della più comoda e pratica funzionalità, lo spazio di 160 mq è stato suddiviso tra cucina abitabile con la vicina spaziosa sala da pranzo, camera e bagno al piano primo, mentre il piano terreno è occupato da una seconda camera da letto, un’ulteriore sala e un vano recuperato con gli ingranaggi del mulino e i macchinari a vista, che occupano lo spazio rimanente. Al piano seminterrato due vani ad uso cantina.
Giardino di 7000 mq a bassa manutenzione esclusivo, dotato di area attrezzata, con percorsi pedonali.
Classe energetica F, 122,94 kW/mq annuo
Il procedimento per la costruzione di un mulino ad acqua era il seguente: all’albero centrale venivano fissate delle robuste assi in legno che formano i raggi della ruota ed erano destinati a portare all’estremità pezzi in legno che ne costituivano la circonferenza. Su di essa venivano poi disposte a raggiera e fissate delle tavole (pale) sulle quali doveva andare a sbattere l’acqua. Il vantaggioso funzionamento di questa ruota richiedeva che il flusso dell’acqua fosse costante e ben diretto, per questo era installata prevalentemente in prossimità del corso d’acqua naturale su un canale scavato artificialmente nel terreno (bottaccio) e rivestimento in legno o in muratura; inoltre venivano realizzati dislivelli e sbarramenti (paratoie) per variare la velocità dell’acqua e per arrestarne il corso, salvaguardando una produzione agricola tanto preziosa per la condizione economica di una intera comunità.
I dizionari registrano un’oscillazione tra le parole molino e mulino sia nella tradizione scritta della nostra lingua, sia nelle varietà locali di tutta la penisola.
Molino era presente in testi, anche toscani, del Duecento e del Trecento, a volte in libera alternanza con mulino nello stesso autore e perfino nello stesso passo, come in questo dalle Vite dei Santi Padri del pisano Domenico Cavalca : “Andando uno prete per ricoverare uno suo molino, sì cadde entro nel canale sotto il mulino, e le pale l’aveano serrato nel fondo e ‘l molino ristette di macinare” (tomo IV, Vita di S.Francesco, p. 241 dell’edizione Ramanzini, Verona, 1799).